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domenica 8 maggio 2022

Streghe, demoni e inquisitori

 Streghe, demoni e inquisitori


Tematiche aderenti per fatti consimili o per aspetti di uguale interesse e portata. Da parte di inquisitori di <<provenienza>> cattolica e quelli di <<provenienza>> protestante, uguale e pari fu la reazione, convinti com'erano i giudici che gli antagonisti erano ispirati da Satana, e che Satana stesso, li costringesse attraverso le streghe a dimostrare la loro più intrinseca aderenza alle norme dei rispettivi schieramenti confessionali. Non solo cattolici e protestanti dovevano combattere una loro battaglia sui privilegi religiosi, ma ciascun gruppo, sia prendendo a pretesto la serie di disgrazie dell'epoca, sia per dimostrare la maggiore abilità di combattere il demonio rispetto alla parte avversa, si avvalsero di streghe e stregoni come capri espiatori, mettendo in atto una repressione organizzata e razionale all'interno dei confini di ciò che l'ortodossia stretta considerava irrinunciabili e contro elementi creduti, a torto o a ragione, rappresentanti di Belzebù. Gli inquisitori di qualunque estrazione religiosa si ritrovarono d'accordo sulla necessità di eliminarli e, cattolici e protestanti, furono egualmente spietati. 

La componente della sensualità, entra a far parte della stregoneria: da un canto il delirio sensuale, gli atti di fornicazione, di sodomia, di bestialismo veri o immaginari da parte delle streghe e degli stregoni, dall'altro gli espliciti riferimenti, le insistenze, le argomentazioni scabrose e conturbanti sui comportamenti erotici delle vittime, richiesti, sollecitati, estorti dagli inquisitori. 

La volontaria, impudente, viziosa descrizione e, nel caso degli esorcisti, la partecipazione fisica che viene soddisfatta, raccontata dalle streghe e accolta dall'autorità giudicante. 

Le monache, costrette nei chiostri senza vocazione, impedite perciò nelle manifestazioni più esuberanti della loro femminilità, frustrate da una castità impraticabile, sfogarono sotto le pratiche esorcistiche la loro lussuria più sfrenata, commettendo ogni sorta d'indecenza: il solo fatto che donne rispettabili, badesse, monache,  potessero essere palpeggiate, esaminati fisicamente nelle loro più nascoste intimità dai sacerdoti, dagli ispettori ecclesiastici, dagli esorcisti e talvolta viste anche da folle di uomini mentre si sollevavano le tuniche ed esibivano gli organi genitali, sentite mentre riferivano discorsi ricchi di parole sconce, di incitamenti al coito, era, per loro, determinante per un appagamento sessuale del quale altrimenti sarebbero state escluse.

Da un canto ci troviamo di fronte al misticismo più spinto, al fanatismo più duro che rese tali uomini insensibili a comprendere e giustificare le debolezze umane; dall'altro ci troviamo di fronte al misticismo più spinto, al fanatismo più duro che rese tali uomini insensibili a comprendere e giustificare le debolezze umane; dall'altro ci troviamo di fronte alla perversità, alla lascivia, alla licenziosità di uomini, che profittando delle circostanze diedero sfogo alle loro passioni inibite, sviluppando la loro concupiscenza esacerbata dai desideri tanto eccitati. 


domenica 16 gennaio 2022

Composizioni cellulari. Da La ciclicità e la banalità del male

 




"Le opere Salem's Lot - Le notti di Salem di Mikael Salomon e The lost Boys di Joel Schumacher, sono due esempi che testimoniano la ciclicità e la banalità del male. Nella prima opera si evidenzia il manifestarsi del male, in cicli attraverso un elemento che funziona come catalizzatore. Nella seconda opera è evidente invece, la banalità del male: i carnefici sono in realtà, vittime di loro stessi. Questi due elementi che caratterizzano il lato oscuro dell'esistenza, so radicano all'interno della società e con il loro essere così elementari, causano disordine e gravi danni."





domenica 22 agosto 2021

La Wicca manuale della strega buona. Introduzione

 La  Wicca manuale della strega buona




Introduzione

In questo periodo la stregoneria <<è di moda>>, e spesso si vedono cose aberranti fatte passare per culti pagani. 
Questo libro si rivolge soprattutto alle donne, ma anche a quegli uomini che non disdegnano il loro lato femminile e sono aperti ad accogliere i misteri della Dea. 
La stregoneria è un cammino lungo e difficile, solitario e meditativo, che richiede impegno, rispetto e amore, ma è ricco di soddisfazioni e gioia. 
La stregoneria è sì un viaggio iniziatico, ma per ogni persona questo viaggio ha connotati diversi, pause, mete, soste, percorsi alternativi. Ogni persona ha il suo destino, la sua vita, e io posso solamente fornire indicazioni per il cammino, ma il cammino stesso spetta a te. Essere una strega significa essere a contatto con la Natura, vivere in lei e di lei, rispettare i suoi ritmi e le sue leggi. Questa è la vera stregoneria, non quella che si vede nei film o si legge nei libri. Essere una strega significa lavorare per il bene del nostro pianeta e di tutta l'umanità. 

Chi sono le streghe?

Nell'immaginario collettivo quando si parla di streghe, tutti pensano a megere brutte e vecchie con il naso gobbo, come la strega di Biancaneve, pericolose donne perdute che mangiavano i bambini, che rubavano i piccoli nelle culle per poi cuocerli nel calderone e farci un unguento con il quale volare al Sabba, fatali donne sessualmente attraenti come la Circe di Ulisse o altre maghe dell'antichità, misteriose creature della notte che si trasformavano in gatte e altri animali, che adoravano il demonio sotto forma di caprone, pericolosi esseri che vivevano ai limiti fra il visibile e l'invisibile e lanciavano maledizioni sul bestiame, facevano tempestare e causavano aborti e sterilità, sataniste dai morbosi gusti sessuali che si univano carnalmente con i diavoli contro natura, fanciulle perdute che facevano le prostitute per condurre sulla via del peccato uomini retti, o vampire che succhiavano il sangue dei bambini e degli innocenti. 
Le streghe sono sempre esistite nelle paure dell'uomo perché rappresentano il lato oscuro dell'anima, quello che Jung chiama Ombra. 
Qualcuno ha voluto vedere il lato positivo delle cosiddette <<schiave di Diana>> e le ha considerate sciamane, curatrici, sacerdotesse dell'antichissimo culto della Grande Madre Terra, donna-medicina, erboriste, illuminate, sagge. Ed è proprio questo che siamo, ma molto altro ancora. 
Il termine italiano, strega deriva dal latino strix, che sta a indicare un uccello notturno, che con il tempo finì per indentificare la strega. 
E' il potere di creare e distruggere che appartiene alla Grande Dea, e che ha sempre terrorizzato gli uomini. Già le religioni latina e greca inventarono leggende e miti per creare figure spaventose agli occhi del popolo, come per esempio Circe, Medea, Medusa. 
La parola inglese witch, che significa strega nell'accezione moderna, deriva invece da wicca, poi mutato in wicca, che significa saggia. Nella mitologia anglosassone o comunque nordica le streghe riescono a mantenere un ruolo se non proprio positivo, almeno non totalmente negativo. 
Nelle mitologie nordiche la presenza di una fata/strega è obbligatoria nei castelli dei re, nei villaggi, fra i capi: i druidi, il corrispondente maschile delle sacerdotesse della Dea Madre Terra, sono descritti come sapienti e sacerdoti, capaci di curare le malattie del corpo, lenire i dolori dell'anima, consigliare e sanare qualsiasi malanno. Quindi le streghe nordiche non sono prevalentemente incantatrici ma sciamane e medichesse, temute e rispettate per i loro incomprensibili poteri. 
Le streghe, avversate dalla Chiesa e dal potere politico laico, continuarono nella clandestinità la loro opera di aiuto alle persone e al mondo: soprattutto per quanto riguarda l'aspetto medico e psicologico, offrirono, nei periodi bui, qualche lampo di libertà e di speranza a chi non ne aveva, soprattutto alle persone del popolo, oppresse dai potenti, che potevano rivolgersi a loro per farsi curare e aiutare. Depositarie delle arti magiche ed erboristiche, sagge dalle parole importanti e di potere, o incantatrici, le streghe hanno mantenuto viva la fede nella potenza, grandiosità e bontà della Natura, dato una speranza, un sogno, un aiuto materiale, ma soprattutto spirituale. 
Quello che la maggior parte delle persone ignora è che lo fanno ancora, poiché le streghe non sono mai scomparse, si sono nascoste, si sono camuffate, ma dovunque nel mondo vi era una donna che aiutava a partorire, che consigliava l'uso di un'erba medicamentosa o portava una parola di conforto a chi era disperato, lì viveva il respiro della Dea, lì continuava la vera antica Religione della Natura. 

Wicca, la moderna stregoneria

Ognuno è libero di vivere la propria vita, non esiste una verità assoluta e immutabile. Per qualcuno può essere la Wicca, per altri il Cristianesimo, il Buddhismo, l'Islam, o altre religioni rivelate, o ancora sette, gruppi come i Testimoni di Geova o gli Hare Krishna. Ognuno ha le proprie visioni del mondo, ognuno è libero di scegliere ciò che crede più adatto per se stesso, a patto che il suo credo non danneggi gli altri. 
Ovviamente, ci sono distinzioni fondamentali tra la religione delle streghe e le altre, la prima riguarda la divinità. 
In molte religioni monoteiste vi è un unico dio, maschio, che guida il mondo. La Wicca è diversa, è una religione politeista. Il divino viene visto in tutti gli esseri umani, le piante, gli animali, le pietre, nel cielo e nell'acqua, nel vento o nelle stelle. E in tutto ciò che possiamo vedere e toccare. Nessuno può definire con precisione cosa sia la Wicca, poiché essa ha una sola certezza: tutta la Natura è sacra, poiché è il corpo della Dea. 
Nella Wicca non esistono testi sacri e ognuno la vive in modo diverso a seconda delle proprie emozioni e del rapporto che riesce a instaurare con la Dea; è evidente che il rapporto con la Natura che può avere una persona che vive in una metropoli sarà necessariamente diverso da chi ha la fortuna di passeggiare nei boschi incontaminati o pregare in riva all'oceano. 
Il primo principio della Religione delle Figlie della Dea è quello dell'amore per la Natura e per la vita ed è espresso nel comandamento: 
<<Se non danneggi nessuno, fai ciò che vuoi>>. 
E' un sentimento che si crea tra un individuo che decide di intraprendere la strada della Wicca e altri esseri naturali, visibili e invisibili. Danneggiare gli altri può derivare non solo da azioni, ma anche da pensieri e parole, e quando si dice di non danneggiare nessuno, intendiamo prima di tutto noi stessi. 
La persona che aderisce alla Wicca deve riconoscere le forze dell'universo e armonizzarsi con loro. La divinità suprema è la Natura, che chiamiamo comunemente la Dea. 
La persona che aderisce alla Wicca adora e si pone in relazione con il divino della Natura in base all'archetipo della Grande Madre, come era al tempo del matriarcato, prima religione dell'umanità. L'armonia, suprema conquista di chi segue la Wicca, deve riconoscere le forze della Natura. 
La persona che aderisce alla Wicca opera secondo la legge di causa ed effetto: ogni azione ha una reazione, e ogni effetto ha la sua causa. Tutte le cose accadono secondo questa legge, per cui se opereremo il bene ci tornerà il bene, mentre se danneggeremo qualcuno a nostra volta ne verremo danneggiati. 
I poteri della Natura esistono anche in ogni persona, sebbene solitamente gli uomini non ne siano più coscienti e questi poteri sono solamente latenti, in attesa di essere risvegliati. I poteri e le abilità possono essere risvegliati e usati a scopi benefici, se non praticate le tecniche corrette. La Wicca insegna che l'universo è la manifestazione fisica della Dea, non può esserci niente nell'universo che non faccia parte della natura della Grande Madre. Da Lei derivano i nostri poteri. Essendo l'universo il corpo della Dea, possiede gli stessi attributi della Dea, quindi i suoi poteri, ai quali noi possiamo attingere. 
Noi sappiamo che tutto nell'universo è in movimento continuo e ciclico, tutte le cose crescono e calano seguendo il moto della Luna e delle maree. Perciò la Wicca celebra, si armonizza e fa uso delle maree e delle lunazioni, del ciclo delle stagioni e del moto del sistema solare. Queste fasi si ritualizzano nelle Feste dell'Anno. Inoltre, la Sacerdotessa wicca lavora con le forze e le maree della Luna, per questo il suo corpo è lo strumento per attingere alle energie della Terra. 
Nella Natura non esiste la morte, vi è solamente la trasformazione. Il grande poeta cinese Lao Tzu sosteneva che quello che per un bruco è la fine del mondo, per gli altri è la nascita di una farfalla. 
Nella Natura le creature esistono, mutano, sorgono a nuova forma. Il seme muore per divenire germoglio, il fiore muore per divenire frutto, il frutto muore per divenire seme e ricominciare il ciclo della vita che non si esaurisce mai. 
In quest'ottica la Sacerdotessa wicca sa che non esiste la morte, solo il cambiamento da una condizione di esistenza a un'altra. 
La morte non è seguita da nessuna punizione né ricompensa, ma dalla vita che si rinnova nelle forme decise dalla Dea. 
 z legato alle fasi della Luna, e quindi al misterioso mondo interno delle donne, fatto di ovulazione, fertilità, decadenza, mestruazione. Il momento di maggiore potere è nel periodo dell'ovulazione e in generale in Luna crescente, ovvero nel cosiddetto periodo fertile.

Un percorso solitario

In alcuni paesi, soprattutto negli Stati Uniti, per diventare Wiccan, cioè colui o colei che professa la Wicca è necessario far parte di un coven, cioè di una congrega di iniziati, di un gruppo di studio, di un cerchio di streghe, bisogna essere istruiti e iniziati, dedicando tempi prefissati, energie e soprattutto denaro. All'iniziazione, si riceve una copia del <<Libro delle Ombre>> del coven, scritto da altri, contenente formule prefissate, e si fa attivamente parte di un gruppo, rispettando orari e obblighi di presenza alle riunioni. 
La strada della Figlia della Dea è solitaria, la Sacerdotessa deve essere libera di scegliere se unirsi ad altre persone che hanno le stesse idee e comunità di intenti o lavorare in modo autonomo e indipendente. 
La pratica in un coven per alcuni è stimolante, poiché permette il confronto con altre persone e lenisce il senso di solitudine che molte Figlie della Dea provano, a volte vi sono personalità forti che finiscono per influenzare con le loro idee gli altri, i quali non riescono a sviluppare appieno le loro potenzialità. 



venerdì 2 aprile 2021

Il tesoro delle scienze occulte. Gli stregoni. Le rappresentazioni sacerdotali del mondo delle tenebre

 Il tesoro delle scienze occulte

Gli stregoni

Le rappresentazioni sacerdotali del mondo delle tenebre 







Il Giudizio universale di Bruegel il Vecchio, 1558




La bocca dell'Inferno. Jacobus da Theramo, Das Buch Belial. Augusta. 1473




I demoni contendono l'anima di un moribondo agli angeli. Ars Moriendi. Augusta. 1471 circa


San Michele che sconfigge il drago, di Martin Schongauer, 1420-1488


Per tutta l'epoca in cui il cattolicesimo resse le sorti spirituali dell'Europa, ci fu - a opporsi alla chiesa del bene - una chiesa del male; contro la chiesa di Dio, una chiesa del demonio che come l'altra aveva i suoi preti, i suoi riti, il suo culto, i suoi libri, le sue adunate, le sue apparizioni. 
La chiesa indicava l'esistenza del diavolo non come uno scherzo o una facezia ma come un articolo di fede. Non potendo le masse analfabete andare a ricercare nei libri di teologia riservati al clero i particolari necessari per farsi un'idea esatta di questo principe delle tenebre, la sua effige, a uso del volgo, si trovava riprodotta a profusione nei timpani dei portali delle cattedrali, sulle vetrate delle chiese, nei bassorilievi dei cori, agli angoli delle grondaie e dei tubi pluviali che si popolavano di tutta una fama fantastica rappresentante in lineamenti presunti degli abitatori e padroni dell'inferno. 
Il giudizio universale è il soggetto ricorrente preferito dagli scultori del periodo ogivale, probabilmente d'accordo col clero, per la decorazione delle facciate delle chiese sino al secolo XIV. Tali scene contengono sempre un certo numero di demoni nella rappresentazione dei quali gli artisti hanno dato libero sfogo alla loro straripante immaginazione.   
Uno dei più antichi esempi di scultura di questo genere è quello che orna il timpano della facciata occidentale della cattedrale d'Autun, che risale all'IX secolo; nella sua fattura arcaica e nella sua esecuzione primitiva non mancano tratti di viva bellezza e i visi di alcuni angeli e di alcuni beati sono d'una perfezione stupefacente. 
Questo timpano è suddiviso in tre piani sovrapposti. Nel piano inferiore i mortali, risvegliati dal sepolcro, si avviano verso il giudizio in fila, e quì è particolarmente accentuata l'espressione degli atteggiamenti dei volti. Giunti verso l'estremità destra della composizione, essi vengono afferrati da due mani gigantesche che ne serrano il volto in una specie di morsa e li sollevano al piano superiore in cui ha luogo il Giudizio. 
Alla volta celeste è sopra una bilancia l'anima del defunto viene messa su uno dei piatti che un angelo cerca di far pendere dalla propria parte. I demoni sono cinque e d'una bruttezza uniforme, quasi stilizzata; uno d'essi cerca di far pendere la bilancia dalla sua parte tirando il piatto, mentre con l'altra mantiene un dannato per la collottola, quasi fosse un gatto: una specie di serpente gli sta aggrovigliato intorno alle gambe. Un altro demonio più piccolo si è addirittura messo senza tanti complimenti sul piatto stesso della bilancia; un terzo con in mano un rospo enorme sembra assistere in preda alla rabbia all'operazione. Dietro a questi, un demonio, in una posizione alquanto inverosimile, infila alcuni dannati in una tinozza, mentre un quinto, sporgendosi col busto fuori dalle fauci mostruose d'un drago, afferra con due braccia alcuni dannati che già forse credono, poveretti, di sfuggire al supplizio eterno.
Lo scultore, ha riservato ai demoni i più vistosi difetti di proporzioni: essi sono allampanati e scheletrici, hanno gambe e toraci scanalati come colonne romane, mentre il rictus della bocca ispira tale raccapriccio da rendere più terribile la ferma serenità del Giudice eterno, assiso nella sua gloria e sovrastante tutta la scena. 
Molto più ricca e varia è la scena del timpano della cattedrale di Bourges che tratta lo stesso tema. Un angelo ampio e disteso tiene nella mano destra la bilancia del giudizio, che un piccolo diavolo dalle orecchie di pipistrello installato su uno dei piatti non riesce a far pendere dalla propria parte (fig. 4.) Con l'altra mano l'angelo accarezza affettuosamente la testa di un grazioso bambino nudo che non manifesta alcun timore di essere dannato osservando che la bilancia su cui viene pesata la sua anima pende decisamente dalla parte delle buone azioni. 
Un diavolo lo spia, ma si tratta d'una creatura ben diversa di quelle d'Autun, con un viso maligno e sarcastico che fa di lui il diretto predecessore di Mefistofele: questo è già indubbiamente il diavolo dei maghi, il diavolo dei patti, colui che assisterà più tardi troneggiando al sabba e giocherà tiri scandalosi alle suore di Loudun. Egli è persino più conforme all'antica tradizione dei padri del deserto, in quanto ritroviamo in lui il naso a uncino e i corni del demonio che, a quanto dice sant'Antonio, tentò san Paolo l'eremita. 
Gli altri due diavoli di questa scena presentano caratteri diversi e notiamo in essi deformità anatomiche e patologiche che diventeranno d'ora in poi gli attributi essenziali del demonio: due d'essi hanno infatti sul ventre un secondo viso tondo come la Luna, mentre un altro diavolo con ali sul posteriore, presenta sul petto due seni a forma di testa di cane. 
All'estremità della scena c'è la caldaia infernale, d'un realismo fantastico e sconvolgente. Il fuoco è fornito da una mostruosa figura riversa che dalla bocca smisuratamente larga sputa fiamme; su queste soffiano, per attizzarle, due demoni dal volto avvinazzati, patibolari e truculenti; è questa la famosa gola dell'inferno, il gorgo dell'abisso, il marasma di zolfo e pece che non si estinguerà per tutta l'eternità. 
Questo fuoco riscalda una vasta tinozza in cui cuociono i dannati, azzannati per di più da animali ripugnanti; un diavolo di cui non si vede il volto li pigia con brutalità, mentre un altro li ammucchia con una specie di bastone dalla lunga impugnatura. Nello spaventoso realismo con cui è trattata questa scena si riscontra l'influenza, di alcune pagine della letteratura medievale, come le visioni di san Salvo e dall'abate Sonniulfo riferite da Grégoire de Tours, o quelle del monaco d'Eversham del XII secolo, di cui Mathieu Paris ci ha lasciato una impressionante descrizione. 
I monumenti della scultura medievale, quale che sia la loro importanza, non sono altro che vestigia, dato l'incalcolabile numero di distruzioni dovute alle cause più disparate - vandalismi, trasformazioni o demolizioni di edifici - non sarà difficile giungere alla conclusione che la scena del giudizio universale doveva essere riprodotta in tutte le chiese d'un certo rilievo della cristianità. 
Sul timpano dell'abbazia benedettina di Conques nell'Oveyron, un diavolo brandisce una specie di minaccioso bastone col quale batte i dannati; nel portale del duomo di Bamberga in Baviera un altro demonio tira un dannato con una catena. 
Di fronte alla teologia, o scienza di Dio, la demonologia, o scienza del demonio, sua odiata rivale, trovava posto sul portale stesso dei templi che ospitavano la <<carne di verità>>. Chi avrebbe dunque potuto dubitare dell'esistenza di tutto questo mondo invisibile e oscuro che opponeva l'esercito dei diavoli a quello degli angeli?  E' ben vero che i teologi dissertavano con molto maggiore insistenza sulla natura di Dio, sulla sua bontà, sulle sue qualità infinite, che non sui diavoli: volontariamente o no, questi li lasciavano in una specie di indeterminatezza che non poteva non eccitare la curiosità popolare. 
Nel momento in cui la scultura religiosa comincia a decadere per aver voluto rinnovarsi alle fonti pagane, l'arte cristiana accetta di piegarsi a forme primitive, come alla miniatura dei manoscritti o alle incisioni su legno degli incunaboli; le rappresentazioni infernali comunque passano nelle nuove arti ed esercitano sullo spirito umano la stessa influenza. Il famoso affresco diabolico della cappella di Stratford-on-Avon e quelli del camposanto di Pisa continuano la tradizione dei secoli passati, andando, grazie alla loro arte più facile, ben al di là delle già audaci creazioni degli scultori. 
Un incunabolo tedesco di Jcobus da Theramo stampato ad Augusta nel 1473 e intitolato: Hie hebt sich an das bich Belial genant o più semplicemente Don bich Belial contiene un'incisione su legno rappresentante la bocca dell'inferno (fig. 5) che non ha nulla da invidiare  alle più orripilanti composizioni scultoree del XII secolo. La gola del drago è tenuta aperta da un solido palo di legno ai lati del quale stanno due diavoli, l'uno con l'occhio atteggiato a un'espressione spaventosa e l'altro con un riso da buontempone sul volto, espressione tanto più minacciosa dato il tipo di personaggio. Sul fondo ce n'è un altro che mostra un volto rabbioso, mentre il loro padrone Belial se ne sta al di fuori dell'abisso tenendo con essi un misterioso conciliabolo. 
I pittori del XVI secolo, mitigarono la crudezza dei particolari e soppressero ogni creazione fantasiosa nelle loro interpretazioni e soppressero ogni creazione fantasiosa nelle loro interpretazioni del giudizio universale, adottandone la rappresentazione alle esigenze di un'epoca già intaccata dallo scetticismo; ma gli incisori soprattutto fiamminghi e gli olandesi, dando libero sfogo al loro temperamento, si abbandonarono a vere e proprie orge della fantasia in cui si nota ancora una certa ingenuità, o una certa mancanza di rispetto. 
Luca Cranach. il Vecchio (1472-1553), interpreta la scena in cui al termine del giudizio i dannati sono gettati nell'inferno (fig. 3). Il diavolo-istrice, l'orribile grifone il cui capo è costituito da un teschio di tapiro sormontato da un berretto, il maiale alato che tortura un chierico prevaricatore e il mostro che cavalca una donna introducendole nella bocca una lama metallica appuntuta, sono creature che ritroviamo spesso negli incisori del XVI secolo. il diavolo-istrice che vediamo a destra, l'orribile grifone il cui capo è costituito da un teschio di tapiro sormontato da un berretto, il maiale alato che tortura un chierico prevaricatore e il mostro che cavalca una donna introducendole nella bocca una lama metallica appuntita, sono creature che ritroveremo spesso negli incisori del XVI secolo. 
In una stampa del maestro fiammingo Bruegel il vecchio, incisa nel 1558 da Cock (fig. 6) che, in una composizione a prima vista severa, introduce i particolari più stravaganti. La composizione di questa scena del giudizio è uguale a quelle delle cattedrali: il Figlio dell'uomo, assiso tra le nuvole, pronuncia le parole fatali: <<Venite, benedicti Patris mei, in Regnum aeternum; ite, maledicti Patris mei, in ignem sempiternum>>. La gola immensa dell'inferno occupa la parte destra del quadro ed è rappresentata dalla bocca di un pesce di proporzioni coloniali. Il torrente dei dannati vi si precipita; i demoni che li spingono non hanno più la figura umana deformata dei secoli precedenti, ma assumono le forme più assurde: uccelli da preda, rettili, batraci inverosimili gnomi dal becco piatto e dalle mandibole mostruose che sembrerebbero ispirati dalla forma preistorica e dalla paleontologia, se queste scienze a quell'epoca fossero state conosciute. 
Nelle incisioni di Hieronymun Bosch, incisore olandese (1460-1518). La sua composizione dal respiro immenso è animata da un movimento, da una frenesia e da una vita tumultuosa e malata: e un turbinio di esseri indefinibili e malefici, nelle pose più indecenti e contorte, qualcosa che ricorda il sabba. 
Una scena analoga a quello del giudizio universale, del XVI secolo, è quella della Discesa di Gesù all'inferno ci mostra Gesù Cristo che trionfa su un demonio, mentre altre due creature infernali cercano di impedire la figa dal limbo ai giusti che il Salvatore viene a liberare; i tre guardiani dell'inferno hanno quì volti d'uccelli rapaci, complicati da tentacoli e speroni, come corazze d'ippocampo o armature bergamasche. 
Bruegel: I giusti liberati dal limbo. Il Cristo in un medaglione centrale mantiene tutta la imperturbabilità nel liberare la folla dei giusti dal limbo, senza alterarsi di fronte alla grottesca fama infernale che lo circonda, come quell'essere indefinibile sormontato da un elmo con visiera e il cui corpo è qualcosa di mezzo tra un maggiolino e l'uovo; il guscio si apre per lasciare uscire una nidiata di bambini liberati. 
L'arcangelo Michele trionfa su Lucifero. Questa scena, si ricollega alle più profonde radici della teologia: l'angelo sconfitto identificato col Satana dell'Antico Testamento viene di solito rappresentato in forma di drago, così come appare nelle vetrate delle cattedrali dei secoli precedenti. 
Verso la fine del medioevo la scena del giudizio individuale, che di rado la scena del giudizio individuale, che di rado figura nelle chiese, assume una certa importanza e tende anzi a sostituirsi a quella del giudizio universale, fino al punto che uno dei soggetti trattati più sovente dagli artisti diventa il moribondo affiancato da angeli e demoni che se ne disputano l'anima. 
(Fig. 10)L'Ars moriendi, pubblicato ad Augusta tra il 1470 e il 1471. Un monaco consegna a un moribondo un cero acceso, mentre il coro degli angeli ne raccoglie l'anima rappresentata da una figurina nuda, a destra la crocifissione per significare che il moribondo partecipa ai meriti della croce del Salvatore. Ai piedi del letto però troviamo i nostri bravi demoni del timpano delle cattedrali sotto apparenze grottesche e orride: uno ha la testa di cane rabbioso, un alto di asino che getta alti ragli; un terzo, ai piedi della croce, è una caricatura di ebreo, mentre altri due con occhiali si contorcono mostrando zoccoli biforcuti di capra e poggiando su zampe a tre dita da gallinaceo. In un coro di rabbia e di disperazione nel vedersi sfuggire quell'anima, gridano come spiega la scritta delle banderuole: 
Heu insanio
Spes nobis nulla
Animam amisimus
Furore consumor
Confusi sumus

IL poema, la cui influenza fu fin dalla fine del XIII secolo piuttosto importante in Europa, contribuì ad affermare le verità religiose incontestabili. Eppure questo inferno più moderno, più filosofico, con i suoi cerchi di dannati e il suo particolare simbolismo e diverso dall'inferno tradizionale. Il poeta, immaginando il castigo supremo per Giuda Iscariota, il più grande criminale dell'umanità, lo fa divorare dallo stesso Satana: .. è Giuda Scariotto Che'l capo ha dentro e fuor le gambe mena (Inferno, Canto XXXIV). 
La vigorosa incisione su legno è tratta da un'edizione italiana: Opere del divino poeta Danthe; Venezia, Bernardino Stagnino, 1512, in 4°. Satana vi è rappresentato con una testa a tre volti, e mentre con la bocca anteriore diversa l'Iscariota, le sue due bocche laterali divorano ciascuna un dannato. 
In tempi a noi più vicini, in paesi arretrati poco sensibili alle raffinatezze della civiltà, la chiesa presenterà ancora al popolo il diavolo sotto una forma più volgare; ricorrendo alle risorse della meccanica per dar luogo ad una puerile fantasmagoria. 
In un mobile conservato al museo di Cluny a Parigi, probabilmente d'arte calabrese, eseguito verso l'inizio del XVII secolo, alcuni hanno creduto di riconoscervi una rappresentazione del cattivo ladrone mentre è abbastanza certo che il personaggio oscuro dal viso contratto e orribile che mostra una enorme lingua rossa è un diavolo che appare ad una finestra praticata nel mobile, simile ai teatrini per marionette. Un ingegnoso sistema di corde, pulegge, molle e contrappesi, che funziona ancor oggi, permetteva di far apparire a comando questa figura mostruosa, per terrorizzare qualche peccatore incallito e ribelle che si rifiutava di confessare le proprie colpe. 
In fine se arriviamo all'epoca delle creazioni popolari, sono innumerevoli i documenti iconografici che hanno come fine quello di produrre nelle anime lo stesso terrore suscitato in molte epoche delle sculture delle cattedrali. 
La buona confessione: un penitente arriva dalla destra della scena incatenato da un diavolo cornuto e ricoperto solo d'un perizoma; una penitente confessa le sue colpe nel confessionale e la grazia che discende dai meriti del Cristo spezza le catene che la legavano ad un altro diavolo, un terzo penitente esce a destra del confessionale condotto dal suo angelo custode, mentre un altro angelo gli tende una corona dal cielo. Nei due medaglioni degli angoli superiori vediamo il figliol prodigo peccatore e quindi lo stesso che si concilia col padre. 
La cattiva confessione: un diavolo dal grugno sordido si è infilato sfrontatamente nel confessionale e tappa la bocca d'una penitente che nasconde le proprie colpe. A destra e a sinistra sette diavoli conducono sette penitenti incatenati, che si direbbe abbiano commesso ciascuno uno dei sette peccati capitali, a giudicare dai quadri retti dai diavoli essi rappresentano la collera mediante un uomo che brandisce una spada, l'orgoglio nelle vesti di un pavone che fa la ruota, la lussuria un convegno d'amore, la pigrizia con un uomo che dorme Due diavoli tendono alle loro vittime una borsa di scudi e una bottiglia che simbolizzano l'avarizia e l'ubriachezza; infine c'è l'invidia, che il diavolo cerca di suscitare mostrando la borsa di scudi dell'avaro. 





























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