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domenica 18 settembre 2022

Dizionario dell'esoterismo. Analogia

 Dizionario dell'esoterismo

Analogia


Pensiero analogico


Zohar

La conoscenza per analogia è la via regia del cammino esoterico. Benché la cosmogonia, l'antropologia e la teogonia esoteriche interferiscono tra loro, lo studio analogico dei fenomeni, degli esseri e degli dei, ci introduce immediatamente nel campo della loro corrispondente regolare. Così il Sole che attraverso i dodici segni dello Zodiaco corrispondono all'evoluzione dell'uomo. <<L'anno, la vita umana, il giorno, il mese, sono analogici, dice Papus (pseudonimo di Gérard Encausse 1865-1916). La processione del punto venale e il suo percorso sull'eclittica richiedono 72 anni per ogni grado, cioè 25.920 anni per una involuzione completa. Il ritmo vitale è di 72 battiti cardiaci al minuto, e si contano in quelle 25.920 atti respiratori al giorno.   
Il mondo delle analogie è un mondo del senso, in cui ogni circostanza ha con le altre elle relazioni qualitative che la sola esperienza sensibile o la sola esperienza sensibile o la sola dimostrazione non bastano a rivelare. Ciò equivale ad affermare la differenza del rapporto con gli oggetti naturali e la specificità del sapere proprio alla conoscenza iniziatica rispetto a quella della conoscenza scientifica. L'analogia implica la similitudine dei rapporti, con l'identità materiale degli oggetti in questione. Essa di conseguenza associa non dei segni, degli eventi isolati, ma delle serie di relazioni degli insiemi di cui si rivelano la strutture isomorfe attraverso il confronto interno dei rapporti tra i loro elementi. L'analogia è la chiave fondamentale di qualsiasi indagine esoterica, perché lo strumento operativo, più adatto all'ordine ontologico stesso in base all'ordine gnoseologico. Il mondo è un'architettura di livelli di significato che rimandano gli uni agli altri riflettendosi indefinitivamente in un gioco di specchi. La Tavoletta di Smeraldo, gioiello degli ermetisti almeno dal Medio Evo, non ha smesso di fare da supporto sia alle analisi della cabala cristiana, sia alle operazioni alchemiche di Basilio Valentino, di Alberto Magno, di Ruggero Bacone, di Raimondo Lullo, che si dichiarano discepoli di Ermete Trismegisto. Vi afferma risolutamente l'universalità della legge analogica nei tre livelli della coscienza umana e la similitudine di rapporti tra alto e basso: 
<<E' vero senza menzogna, moto veritiero, 
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto.
E' ciò che è in alto è come ciò che è in basso.
per fare dei miracoli di una sola cosa...>>
La realtà una e universale del principio si esprime in quanto forza di tutte le forze (télema) nei tre livelli di espressione del campo della coscienza, divina, spirituale e fisico, il che spiega le ridondanze iniziali della verità triplice e una. L'alto e il basso implicano tutto un sistema generale di corrispondenza tra alto e basso, quali che essi siano purché si sappia associare l'alto al suo basso e viceversa. Così l'astrologia scandisce in alto il corso dei fenomeni storici che si svolgono in basso analogamente, il piano della cosmogonia corrisponde alla trasmutazione alchemica dei metalli. 
Citeremo, prima della cabala cristiana l'alto, Kether è come Malkut, il basso, il che può tradursi antropologicamente dapprima nella corrispondenza magica tra spirito e corpo dell'uomo, poi, sul piano cosmologico nei rapporti tra spirito e materia <<sul piano teosofico nell'analogia tra Dio e uomo. 
La Genesi stessa individua Dio e l'uomo attraverso l'effetto analogico di un rapporto creativo <<Dio disse: facciamo l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo ha creato, li ha creati uomo e donna>>. 
I commenti dello Zohar di questa creazione dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio mettono in evidenza, a tre riprese, il suo significato analogico. Il principio di Ermete Trismegisto vale anche qui. <<Il mondo di quaggiù è fatto sulla base di quello di lassù: così è stato fatto perché tutto sia ridotto in unione perfetta.. Ricordate che il Santo che ia benedetto, ha creato il primo uomo nello stesso modo in cui ha creato il mondo. 
Dato che Dio si esprime sia come Jehova sia come Elohim, egli ha creato l'uomo a sua immagine in primo luogo, a sua somiglianza in secondo luogo. In quanto Jehova, l'ha creato maschio, luminoso come lui, come Padre: è il lato destro dell'uomo. Inquanto Elhoim, nell'espressione facciamo l'uomo>>, l'ha creato a sua somiglianza, così donna come la Madre stessa i modella sul germe ma sviluppandolo, gli aggiunge qualche altra cosa, la somiglianza presuppone la distanza dello sguardo rispetto al modello puro, che risulta così oscurato. E' il lato sinistro dell'essere umano. Si tratta sicuramente dell'uomo dell'Emanazione o dell'uomo dall'alto, che ha quindi due volti o due polarità, come Dio stesso Padre e Madre. 
<<L'eterno Dio formò l'uomo dalla polvere alla terra, soffiò nelle su narici un soffio di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Lo Zohar indica che si tratta dell'imposizione dell'impronta di Dio, attraverso cui la Piccola Figura riflette i tre cervelli dell'Antico degli Antichi, o Grande Figura.  
La creazione dell'uomo corrisponde così alla creazione di un'immagine dentro un'altra. L'Antico degli antichi' è la 'Piccola Figura' sono na sola e medesima cosa... L'uomo diviene allora il suo riassunto vivente della creazione, perché presenta un'analogica di essenza con l'anima del Tutto. <<La riproduzione più simile all'originale è l'immagine dell'uomo. Tutti i mondi dell'alto e del basso sono compressi nell'immagine di Dio.>> L'uomo è l'unione dell'alto e del basso, il loro trait d'union, il paradigma stesso della creazione. <<Il Santo, che sia benedetto, creò l'uomo imprimendogli l'immagine del Tutto; è questa immagine che il Santo che sia benedetto, guardò quando creò il mondo così come tutte le sue creature. Questa immagine è la sintesi di tutti gli spiriti in alto e in basso, senza alcuna separazione; è la sintesi di tutte le Sefirot, di tutti i loro epiteti e di tutte le loro denominazioni.>>
La cabala offre un triplice esempio della struttura analogica del mondo di Dio e dell'uomo>>. 
L'analogia costituisce la chiave di una cosmologia, così essa fornisce anche la struttura propria a una logica del mondo della conoscenza iniziatica, fondata sull'intuizione e sul confronto delle totalità simboliche aperte le une alle altre, fondata sull'intuizione e sul confronto delle totalità simboliche aperte le une alle altre. E' tipico del pensiero analogico il fatto di distinguersi del pensiero ipotetico-deduttivo, articolato nella dimostrazione, nei principi di identità, di non contraddizione e del terzo escluso. Il pensiero analogico procede per induzione, nel senso che cerca la generalità dei rapporti negli eventi che esso si sforza più di interpretare che di spiegare attraverso la casualità fenomenica. Il suo progetto consiste, nel mettere in luce l'intelligibilità dei fenomeni nello spazio e nel tempo, quanto piuttosto nell'evidenziare i segni di una ragione di per se stessa sufficiente, e non solo necessaria. La sua vocazione è dunque di cogliere l'ordinamento delle cose e degli esseri, le loro finalità, le loro correlazioni intrinseche. 
Il pensiero analogico, sotteso tanto ai miti quanto ai testi sacri, implica il principio della corrispondenza dei suoi oggetti, mentre il principio d'identità non rende conto che della sola singolarità fisica. Il simbolo conserva la sua propria specificità, in quanto l'analogia non si riduce all'identità o all'equivalenza delle cose, in compenso la sua relazione con il sistema in cui si inserisce allarga il messaggio che esso trasmette al di là di ciò che esso stesso è e del proprio sistema di riferimento. 
Il pensiero analogico mira quindi alla <<esperienza concreta della molteplicità dei significati dell'essere>>, dice René Alleau. E' dunque un processo di esplorazione, che implica l'apertura radicale delle totalità intenzionali su cuinsi basa. E' interessante la parentela tra il 'telema'  di Ermete e 'i concetti di tipo mana' del pensiero mitico di cui parla l'antropologo Claude Levy-Strauss.  Se C. Levy-Strauss vede in questo debordare del significante, che egli chiama 'significante fluttuante', un <<servaggio di ogni pensiero finito>> perché <<l'universo aveva significato assai prima che i cominciasse a sapere che cosa significasse>> a noi sembra, che l'analogia, attraverso il sovrappiù sperimentale e concettuale>> che introduce, e che non esaurisce la logica dei sistemi chiusi centrati sull'identità dei segni, rappresenta un versante essenziale del pensiero, ivi compreso il pensiero scientifico, la cui dinamica è infatti sottesa la didattica della contraddizione attiva dell'analogia e della deduzione matematica. 
L'esecuzione del pensiero analogico del campo scientifico ha origine dalla frattura galileo-cartesiana tra il mondo e la gnoseologia degli antichi e dei moderni. E' proprio una critica del carattere inaccettabile dell'analogia tra corpo, spirito e Dio a spingere il mondo moderno a escludere la cosmologia del Medio Evo e pertanto tutta la conoscenza simbolica. Se l'idea di Dio può ancora essere derivata per analogia dall'idea del nostro intelligere, non vi è alcun nesso analogico tra la conoscenza di Dio e del mondo. <<E' come se diceste che non abbiamo alcuna facoltà di udire, ma che attraverso la sola vista dei colori, noi perveniamo alla conoscenza dei suoni. Si può infatti dire che vi siano una analogia o un rapporto maggiori tra i colori e i suoni che tra le cose corporee e Dio. 
Solo la razionalità matematica, fondata in Dio, definisce la realtà obiettiva della natura. 
Quest'ultima resta una finzione del carattere fondante dello spirto. Il fisico Albert Einstein dichiarerà che <<la cosa più incomprensibile è che il mondo sia comprensibile. Gli sviluppi della scienza contemporanea, si tratti dell'antropologia strutturale di una società o si tratti dello sforzo di una teoria unitaria dei campi, introducono nuovamente il concetto di analogia come strumento operativo della loro indagine.  Anche se i modelli sono destinati ad essere superati è accaduto nella fisica per i modelli di Niels Bohr (1885-1962) ed Ervin Schroedinger (1887-1961) che rappresentavano, la struttura dell'atomo riferendosi al sistema solare, resta il fatto che l'immaginario ha una relazione diretta con l'assiomatica, come ha dimostrato il filosofo ed epistemologo Gaston Becherard, per sostenerla e ampliarla o per esplorare le vie del possibile. 
La realtà è che l'analogia introduce nelle procedure scientifiche la sua apertura e la sua esigenza di unificazione. <<L'unificazione analogica è sempre necessariamente incompleta, perché non raggiunge mai, per definizione, un'identificazione totale. Pertanto essa resta sempre aperta aò gioco reciproco delle parti consecutive e dei rapporti mutevoli dei sovrappiù sperimentali e concettuali tra totalità concrete. Il processo dinamico dell'analogia trova cos il suo posto legittimo all'interno di ogni processo dialettico. 
L'analogia, aprendo l'uomo al mondo, tanto attraverso la conoscenza oggettiva delle leggi dell'universo, riveste un'importanza di primo piano nell'interpretazione esoterica tanto dei fini ultimi dei destini umani, quanto della storia epistemologica della conoscenza umana. 




domenica 8 maggio 2022

Streghe, demoni e inquisitori

 Streghe, demoni e inquisitori


Tematiche aderenti per fatti consimili o per aspetti di uguale interesse e portata. Da parte di inquisitori di <<provenienza>> cattolica e quelli di <<provenienza>> protestante, uguale e pari fu la reazione, convinti com'erano i giudici che gli antagonisti erano ispirati da Satana, e che Satana stesso, li costringesse attraverso le streghe a dimostrare la loro più intrinseca aderenza alle norme dei rispettivi schieramenti confessionali. Non solo cattolici e protestanti dovevano combattere una loro battaglia sui privilegi religiosi, ma ciascun gruppo, sia prendendo a pretesto la serie di disgrazie dell'epoca, sia per dimostrare la maggiore abilità di combattere il demonio rispetto alla parte avversa, si avvalsero di streghe e stregoni come capri espiatori, mettendo in atto una repressione organizzata e razionale all'interno dei confini di ciò che l'ortodossia stretta considerava irrinunciabili e contro elementi creduti, a torto o a ragione, rappresentanti di Belzebù. Gli inquisitori di qualunque estrazione religiosa si ritrovarono d'accordo sulla necessità di eliminarli e, cattolici e protestanti, furono egualmente spietati. 

La componente della sensualità, entra a far parte della stregoneria: da un canto il delirio sensuale, gli atti di fornicazione, di sodomia, di bestialismo veri o immaginari da parte delle streghe e degli stregoni, dall'altro gli espliciti riferimenti, le insistenze, le argomentazioni scabrose e conturbanti sui comportamenti erotici delle vittime, richiesti, sollecitati, estorti dagli inquisitori. 

La volontaria, impudente, viziosa descrizione e, nel caso degli esorcisti, la partecipazione fisica che viene soddisfatta, raccontata dalle streghe e accolta dall'autorità giudicante. 

Le monache, costrette nei chiostri senza vocazione, impedite perciò nelle manifestazioni più esuberanti della loro femminilità, frustrate da una castità impraticabile, sfogarono sotto le pratiche esorcistiche la loro lussuria più sfrenata, commettendo ogni sorta d'indecenza: il solo fatto che donne rispettabili, badesse, monache,  potessero essere palpeggiate, esaminati fisicamente nelle loro più nascoste intimità dai sacerdoti, dagli ispettori ecclesiastici, dagli esorcisti e talvolta viste anche da folle di uomini mentre si sollevavano le tuniche ed esibivano gli organi genitali, sentite mentre riferivano discorsi ricchi di parole sconce, di incitamenti al coito, era, per loro, determinante per un appagamento sessuale del quale altrimenti sarebbero state escluse.

Da un canto ci troviamo di fronte al misticismo più spinto, al fanatismo più duro che rese tali uomini insensibili a comprendere e giustificare le debolezze umane; dall'altro ci troviamo di fronte al misticismo più spinto, al fanatismo più duro che rese tali uomini insensibili a comprendere e giustificare le debolezze umane; dall'altro ci troviamo di fronte alla perversità, alla lascivia, alla licenziosità di uomini, che profittando delle circostanze diedero sfogo alle loro passioni inibite, sviluppando la loro concupiscenza esacerbata dai desideri tanto eccitati. 


domenica 16 gennaio 2022

Composizioni cellulari. Da La ciclicità e la banalità del male

 




"Le opere Salem's Lot - Le notti di Salem di Mikael Salomon e The lost Boys di Joel Schumacher, sono due esempi che testimoniano la ciclicità e la banalità del male. Nella prima opera si evidenzia il manifestarsi del male, in cicli attraverso un elemento che funziona come catalizzatore. Nella seconda opera è evidente invece, la banalità del male: i carnefici sono in realtà, vittime di loro stessi. Questi due elementi che caratterizzano il lato oscuro dell'esistenza, so radicano all'interno della società e con il loro essere così elementari, causano disordine e gravi danni."





venerdì 2 aprile 2021

Il tesoro delle scienze occulte. Gli stregoni. Le rappresentazioni sacerdotali del mondo delle tenebre

 Il tesoro delle scienze occulte

Gli stregoni

Le rappresentazioni sacerdotali del mondo delle tenebre 







Il Giudizio universale di Bruegel il Vecchio, 1558




La bocca dell'Inferno. Jacobus da Theramo, Das Buch Belial. Augusta. 1473




I demoni contendono l'anima di un moribondo agli angeli. Ars Moriendi. Augusta. 1471 circa


San Michele che sconfigge il drago, di Martin Schongauer, 1420-1488


Per tutta l'epoca in cui il cattolicesimo resse le sorti spirituali dell'Europa, ci fu - a opporsi alla chiesa del bene - una chiesa del male; contro la chiesa di Dio, una chiesa del demonio che come l'altra aveva i suoi preti, i suoi riti, il suo culto, i suoi libri, le sue adunate, le sue apparizioni. 
La chiesa indicava l'esistenza del diavolo non come uno scherzo o una facezia ma come un articolo di fede. Non potendo le masse analfabete andare a ricercare nei libri di teologia riservati al clero i particolari necessari per farsi un'idea esatta di questo principe delle tenebre, la sua effige, a uso del volgo, si trovava riprodotta a profusione nei timpani dei portali delle cattedrali, sulle vetrate delle chiese, nei bassorilievi dei cori, agli angoli delle grondaie e dei tubi pluviali che si popolavano di tutta una fama fantastica rappresentante in lineamenti presunti degli abitatori e padroni dell'inferno. 
Il giudizio universale è il soggetto ricorrente preferito dagli scultori del periodo ogivale, probabilmente d'accordo col clero, per la decorazione delle facciate delle chiese sino al secolo XIV. Tali scene contengono sempre un certo numero di demoni nella rappresentazione dei quali gli artisti hanno dato libero sfogo alla loro straripante immaginazione.   
Uno dei più antichi esempi di scultura di questo genere è quello che orna il timpano della facciata occidentale della cattedrale d'Autun, che risale all'IX secolo; nella sua fattura arcaica e nella sua esecuzione primitiva non mancano tratti di viva bellezza e i visi di alcuni angeli e di alcuni beati sono d'una perfezione stupefacente. 
Questo timpano è suddiviso in tre piani sovrapposti. Nel piano inferiore i mortali, risvegliati dal sepolcro, si avviano verso il giudizio in fila, e quì è particolarmente accentuata l'espressione degli atteggiamenti dei volti. Giunti verso l'estremità destra della composizione, essi vengono afferrati da due mani gigantesche che ne serrano il volto in una specie di morsa e li sollevano al piano superiore in cui ha luogo il Giudizio. 
Alla volta celeste è sopra una bilancia l'anima del defunto viene messa su uno dei piatti che un angelo cerca di far pendere dalla propria parte. I demoni sono cinque e d'una bruttezza uniforme, quasi stilizzata; uno d'essi cerca di far pendere la bilancia dalla sua parte tirando il piatto, mentre con l'altra mantiene un dannato per la collottola, quasi fosse un gatto: una specie di serpente gli sta aggrovigliato intorno alle gambe. Un altro demonio più piccolo si è addirittura messo senza tanti complimenti sul piatto stesso della bilancia; un terzo con in mano un rospo enorme sembra assistere in preda alla rabbia all'operazione. Dietro a questi, un demonio, in una posizione alquanto inverosimile, infila alcuni dannati in una tinozza, mentre un quinto, sporgendosi col busto fuori dalle fauci mostruose d'un drago, afferra con due braccia alcuni dannati che già forse credono, poveretti, di sfuggire al supplizio eterno.
Lo scultore, ha riservato ai demoni i più vistosi difetti di proporzioni: essi sono allampanati e scheletrici, hanno gambe e toraci scanalati come colonne romane, mentre il rictus della bocca ispira tale raccapriccio da rendere più terribile la ferma serenità del Giudice eterno, assiso nella sua gloria e sovrastante tutta la scena. 
Molto più ricca e varia è la scena del timpano della cattedrale di Bourges che tratta lo stesso tema. Un angelo ampio e disteso tiene nella mano destra la bilancia del giudizio, che un piccolo diavolo dalle orecchie di pipistrello installato su uno dei piatti non riesce a far pendere dalla propria parte (fig. 4.) Con l'altra mano l'angelo accarezza affettuosamente la testa di un grazioso bambino nudo che non manifesta alcun timore di essere dannato osservando che la bilancia su cui viene pesata la sua anima pende decisamente dalla parte delle buone azioni. 
Un diavolo lo spia, ma si tratta d'una creatura ben diversa di quelle d'Autun, con un viso maligno e sarcastico che fa di lui il diretto predecessore di Mefistofele: questo è già indubbiamente il diavolo dei maghi, il diavolo dei patti, colui che assisterà più tardi troneggiando al sabba e giocherà tiri scandalosi alle suore di Loudun. Egli è persino più conforme all'antica tradizione dei padri del deserto, in quanto ritroviamo in lui il naso a uncino e i corni del demonio che, a quanto dice sant'Antonio, tentò san Paolo l'eremita. 
Gli altri due diavoli di questa scena presentano caratteri diversi e notiamo in essi deformità anatomiche e patologiche che diventeranno d'ora in poi gli attributi essenziali del demonio: due d'essi hanno infatti sul ventre un secondo viso tondo come la Luna, mentre un altro diavolo con ali sul posteriore, presenta sul petto due seni a forma di testa di cane. 
All'estremità della scena c'è la caldaia infernale, d'un realismo fantastico e sconvolgente. Il fuoco è fornito da una mostruosa figura riversa che dalla bocca smisuratamente larga sputa fiamme; su queste soffiano, per attizzarle, due demoni dal volto avvinazzati, patibolari e truculenti; è questa la famosa gola dell'inferno, il gorgo dell'abisso, il marasma di zolfo e pece che non si estinguerà per tutta l'eternità. 
Questo fuoco riscalda una vasta tinozza in cui cuociono i dannati, azzannati per di più da animali ripugnanti; un diavolo di cui non si vede il volto li pigia con brutalità, mentre un altro li ammucchia con una specie di bastone dalla lunga impugnatura. Nello spaventoso realismo con cui è trattata questa scena si riscontra l'influenza, di alcune pagine della letteratura medievale, come le visioni di san Salvo e dall'abate Sonniulfo riferite da Grégoire de Tours, o quelle del monaco d'Eversham del XII secolo, di cui Mathieu Paris ci ha lasciato una impressionante descrizione. 
I monumenti della scultura medievale, quale che sia la loro importanza, non sono altro che vestigia, dato l'incalcolabile numero di distruzioni dovute alle cause più disparate - vandalismi, trasformazioni o demolizioni di edifici - non sarà difficile giungere alla conclusione che la scena del giudizio universale doveva essere riprodotta in tutte le chiese d'un certo rilievo della cristianità. 
Sul timpano dell'abbazia benedettina di Conques nell'Oveyron, un diavolo brandisce una specie di minaccioso bastone col quale batte i dannati; nel portale del duomo di Bamberga in Baviera un altro demonio tira un dannato con una catena. 
Di fronte alla teologia, o scienza di Dio, la demonologia, o scienza del demonio, sua odiata rivale, trovava posto sul portale stesso dei templi che ospitavano la <<carne di verità>>. Chi avrebbe dunque potuto dubitare dell'esistenza di tutto questo mondo invisibile e oscuro che opponeva l'esercito dei diavoli a quello degli angeli?  E' ben vero che i teologi dissertavano con molto maggiore insistenza sulla natura di Dio, sulla sua bontà, sulle sue qualità infinite, che non sui diavoli: volontariamente o no, questi li lasciavano in una specie di indeterminatezza che non poteva non eccitare la curiosità popolare. 
Nel momento in cui la scultura religiosa comincia a decadere per aver voluto rinnovarsi alle fonti pagane, l'arte cristiana accetta di piegarsi a forme primitive, come alla miniatura dei manoscritti o alle incisioni su legno degli incunaboli; le rappresentazioni infernali comunque passano nelle nuove arti ed esercitano sullo spirito umano la stessa influenza. Il famoso affresco diabolico della cappella di Stratford-on-Avon e quelli del camposanto di Pisa continuano la tradizione dei secoli passati, andando, grazie alla loro arte più facile, ben al di là delle già audaci creazioni degli scultori. 
Un incunabolo tedesco di Jcobus da Theramo stampato ad Augusta nel 1473 e intitolato: Hie hebt sich an das bich Belial genant o più semplicemente Don bich Belial contiene un'incisione su legno rappresentante la bocca dell'inferno (fig. 5) che non ha nulla da invidiare  alle più orripilanti composizioni scultoree del XII secolo. La gola del drago è tenuta aperta da un solido palo di legno ai lati del quale stanno due diavoli, l'uno con l'occhio atteggiato a un'espressione spaventosa e l'altro con un riso da buontempone sul volto, espressione tanto più minacciosa dato il tipo di personaggio. Sul fondo ce n'è un altro che mostra un volto rabbioso, mentre il loro padrone Belial se ne sta al di fuori dell'abisso tenendo con essi un misterioso conciliabolo. 
I pittori del XVI secolo, mitigarono la crudezza dei particolari e soppressero ogni creazione fantasiosa nelle loro interpretazioni e soppressero ogni creazione fantasiosa nelle loro interpretazioni del giudizio universale, adottandone la rappresentazione alle esigenze di un'epoca già intaccata dallo scetticismo; ma gli incisori soprattutto fiamminghi e gli olandesi, dando libero sfogo al loro temperamento, si abbandonarono a vere e proprie orge della fantasia in cui si nota ancora una certa ingenuità, o una certa mancanza di rispetto. 
Luca Cranach. il Vecchio (1472-1553), interpreta la scena in cui al termine del giudizio i dannati sono gettati nell'inferno (fig. 3). Il diavolo-istrice, l'orribile grifone il cui capo è costituito da un teschio di tapiro sormontato da un berretto, il maiale alato che tortura un chierico prevaricatore e il mostro che cavalca una donna introducendole nella bocca una lama metallica appuntuta, sono creature che ritroviamo spesso negli incisori del XVI secolo. il diavolo-istrice che vediamo a destra, l'orribile grifone il cui capo è costituito da un teschio di tapiro sormontato da un berretto, il maiale alato che tortura un chierico prevaricatore e il mostro che cavalca una donna introducendole nella bocca una lama metallica appuntita, sono creature che ritroveremo spesso negli incisori del XVI secolo. 
In una stampa del maestro fiammingo Bruegel il vecchio, incisa nel 1558 da Cock (fig. 6) che, in una composizione a prima vista severa, introduce i particolari più stravaganti. La composizione di questa scena del giudizio è uguale a quelle delle cattedrali: il Figlio dell'uomo, assiso tra le nuvole, pronuncia le parole fatali: <<Venite, benedicti Patris mei, in Regnum aeternum; ite, maledicti Patris mei, in ignem sempiternum>>. La gola immensa dell'inferno occupa la parte destra del quadro ed è rappresentata dalla bocca di un pesce di proporzioni coloniali. Il torrente dei dannati vi si precipita; i demoni che li spingono non hanno più la figura umana deformata dei secoli precedenti, ma assumono le forme più assurde: uccelli da preda, rettili, batraci inverosimili gnomi dal becco piatto e dalle mandibole mostruose che sembrerebbero ispirati dalla forma preistorica e dalla paleontologia, se queste scienze a quell'epoca fossero state conosciute. 
Nelle incisioni di Hieronymun Bosch, incisore olandese (1460-1518). La sua composizione dal respiro immenso è animata da un movimento, da una frenesia e da una vita tumultuosa e malata: e un turbinio di esseri indefinibili e malefici, nelle pose più indecenti e contorte, qualcosa che ricorda il sabba. 
Una scena analoga a quello del giudizio universale, del XVI secolo, è quella della Discesa di Gesù all'inferno ci mostra Gesù Cristo che trionfa su un demonio, mentre altre due creature infernali cercano di impedire la figa dal limbo ai giusti che il Salvatore viene a liberare; i tre guardiani dell'inferno hanno quì volti d'uccelli rapaci, complicati da tentacoli e speroni, come corazze d'ippocampo o armature bergamasche. 
Bruegel: I giusti liberati dal limbo. Il Cristo in un medaglione centrale mantiene tutta la imperturbabilità nel liberare la folla dei giusti dal limbo, senza alterarsi di fronte alla grottesca fama infernale che lo circonda, come quell'essere indefinibile sormontato da un elmo con visiera e il cui corpo è qualcosa di mezzo tra un maggiolino e l'uovo; il guscio si apre per lasciare uscire una nidiata di bambini liberati. 
L'arcangelo Michele trionfa su Lucifero. Questa scena, si ricollega alle più profonde radici della teologia: l'angelo sconfitto identificato col Satana dell'Antico Testamento viene di solito rappresentato in forma di drago, così come appare nelle vetrate delle cattedrali dei secoli precedenti. 
Verso la fine del medioevo la scena del giudizio individuale, che di rado la scena del giudizio individuale, che di rado figura nelle chiese, assume una certa importanza e tende anzi a sostituirsi a quella del giudizio universale, fino al punto che uno dei soggetti trattati più sovente dagli artisti diventa il moribondo affiancato da angeli e demoni che se ne disputano l'anima. 
(Fig. 10)L'Ars moriendi, pubblicato ad Augusta tra il 1470 e il 1471. Un monaco consegna a un moribondo un cero acceso, mentre il coro degli angeli ne raccoglie l'anima rappresentata da una figurina nuda, a destra la crocifissione per significare che il moribondo partecipa ai meriti della croce del Salvatore. Ai piedi del letto però troviamo i nostri bravi demoni del timpano delle cattedrali sotto apparenze grottesche e orride: uno ha la testa di cane rabbioso, un alto di asino che getta alti ragli; un terzo, ai piedi della croce, è una caricatura di ebreo, mentre altri due con occhiali si contorcono mostrando zoccoli biforcuti di capra e poggiando su zampe a tre dita da gallinaceo. In un coro di rabbia e di disperazione nel vedersi sfuggire quell'anima, gridano come spiega la scritta delle banderuole: 
Heu insanio
Spes nobis nulla
Animam amisimus
Furore consumor
Confusi sumus

IL poema, la cui influenza fu fin dalla fine del XIII secolo piuttosto importante in Europa, contribuì ad affermare le verità religiose incontestabili. Eppure questo inferno più moderno, più filosofico, con i suoi cerchi di dannati e il suo particolare simbolismo e diverso dall'inferno tradizionale. Il poeta, immaginando il castigo supremo per Giuda Iscariota, il più grande criminale dell'umanità, lo fa divorare dallo stesso Satana: .. è Giuda Scariotto Che'l capo ha dentro e fuor le gambe mena (Inferno, Canto XXXIV). 
La vigorosa incisione su legno è tratta da un'edizione italiana: Opere del divino poeta Danthe; Venezia, Bernardino Stagnino, 1512, in 4°. Satana vi è rappresentato con una testa a tre volti, e mentre con la bocca anteriore diversa l'Iscariota, le sue due bocche laterali divorano ciascuna un dannato. 
In tempi a noi più vicini, in paesi arretrati poco sensibili alle raffinatezze della civiltà, la chiesa presenterà ancora al popolo il diavolo sotto una forma più volgare; ricorrendo alle risorse della meccanica per dar luogo ad una puerile fantasmagoria. 
In un mobile conservato al museo di Cluny a Parigi, probabilmente d'arte calabrese, eseguito verso l'inizio del XVII secolo, alcuni hanno creduto di riconoscervi una rappresentazione del cattivo ladrone mentre è abbastanza certo che il personaggio oscuro dal viso contratto e orribile che mostra una enorme lingua rossa è un diavolo che appare ad una finestra praticata nel mobile, simile ai teatrini per marionette. Un ingegnoso sistema di corde, pulegge, molle e contrappesi, che funziona ancor oggi, permetteva di far apparire a comando questa figura mostruosa, per terrorizzare qualche peccatore incallito e ribelle che si rifiutava di confessare le proprie colpe. 
In fine se arriviamo all'epoca delle creazioni popolari, sono innumerevoli i documenti iconografici che hanno come fine quello di produrre nelle anime lo stesso terrore suscitato in molte epoche delle sculture delle cattedrali. 
La buona confessione: un penitente arriva dalla destra della scena incatenato da un diavolo cornuto e ricoperto solo d'un perizoma; una penitente confessa le sue colpe nel confessionale e la grazia che discende dai meriti del Cristo spezza le catene che la legavano ad un altro diavolo, un terzo penitente esce a destra del confessionale condotto dal suo angelo custode, mentre un altro angelo gli tende una corona dal cielo. Nei due medaglioni degli angoli superiori vediamo il figliol prodigo peccatore e quindi lo stesso che si concilia col padre. 
La cattiva confessione: un diavolo dal grugno sordido si è infilato sfrontatamente nel confessionale e tappa la bocca d'una penitente che nasconde le proprie colpe. A destra e a sinistra sette diavoli conducono sette penitenti incatenati, che si direbbe abbiano commesso ciascuno uno dei sette peccati capitali, a giudicare dai quadri retti dai diavoli essi rappresentano la collera mediante un uomo che brandisce una spada, l'orgoglio nelle vesti di un pavone che fa la ruota, la lussuria un convegno d'amore, la pigrizia con un uomo che dorme Due diavoli tendono alle loro vittime una borsa di scudi e una bottiglia che simbolizzano l'avarizia e l'ubriachezza; infine c'è l'invidia, che il diavolo cerca di suscitare mostrando la borsa di scudi dell'avaro. 





























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